Scusa Silverio

Silverio era un mito già nel luglio 1974, quando io lo conobbi.
Avevo da poco compiuto 23 anni e per caso, passando sotto il portico davanti
al negozio Focherini Sport, allora in corso Alberto Pio, vidi il manifesto
dell’alta via delle Dolomiti numero due: 15 giorni da rifugio a rifugio.
Praticamente, fino ad allora non ero mai andato in montagna, così come noi
la intendiamo ora, ma entrai subito nel negozio per iscrivermi e Marco
Focherini, scontroso come sempre, al nuovo arrivato disse:” non vorrai mica
farla tutta! C’ha la fa totta a Carpi a g’he sol Silverio!”

Erano tempi diversi, si contavano sulle dita a Carpi i grandi pedalatori
della montagna, così come quelli che avevano terminato anche una sola volta
una Marcialonga e chi, in arrampicata, riusciva a tirare oltre il terzo.

Pochi giorni dopo, prima della partenza mi venne a trovare a casa un signore
distinto, elegante solo con una polo bianca, che, con parlare forbito,
rassicurò mia madre e mi anticipò quello che avremmo potuto fare in
montagna.
Il giro superò di molto le mie previsioni, tornai entusiasta e si creò da
subito un’unità di intenti fra noi due ad altri soci del Cai di Carpi che ci
portò a bruciare in poco tempo tutte le alte vie delle Dolomiti.
Poi ci spingemmo oltre, percorrendo migliaia di chilometri in alta quota e
cominciando ad arrampicare sulle grandi montagne, prima i 3000 poi
finalmente i 4000.

Silverio era forte, e andava forte, e come tutti gli alpinisti che si
rispettino dimezzava i tempi di percorrenza indicati nelle guide
escursionistiche.

Non abbiamo mai saputo di preciso quanti anni avesse; a lui piaceva
mescolarsi coi giovani e i giovani gli volevano bene perché lui stesso era
giovane. Ricordo una notte in pieno inverno, con due tende piantate sulla
neve del lago Santo. Ci fu una tempesta di vento che ululava fra i faggi ed
io e Michele, nella nostra tenda, ascotavamo la tenda bianco lenzuolo di
Silverio che sbattè violentemente tutta notte. Al mattino : “com’è andata
Silver questa notte, pensavamo volassi via con tutta la tenda!” e lui: “Sono
stato benissimo, ho dormito tutta notte!”

Silverio era un leader indiscusso e la sua autorità se l’era conquistata sul
campo. Tutti gli alpinisti ed escursionisti seri gli chiedevano consigli,
perché più di ogni altro conosceva qualsiasi montagna, o perché vi era già
stato o perché aveva letto qualcosa in merito. In rifugio se il gestore ti
diceva : “conosco un signore del Cai di Carpi..” al 90% si trattava di
Silverio, così come quando incontravi qualcuno sul sentiero: “Venite da
Carpi? Salutatemi Silverio.”

Come tutti i grandi innammorati della montagna, parlandone, riusciva a
convincere anche, chi non c’era mai stato a provare l’esperienza, e così ha
iniziato all’alpe decine e decine di inesperti, molti dei quali sono poi
rimasti legati al CAI ed alla montagna.

Lui assieme a un pugno di soci organizzarono per la prima volta a Carpi i
corsi di alpinismo (che poi divennero annuali), quando ancora non avevamo
neppure una sede stabile per riunire i soci, e per le sedute del consiglio
direttivo vagavamo da una stanza all’altra, chiesta in prestito, per
favore.

Amava le auto veloci. Divenne famosa la sua Gordini, azzurro Alpine, con due
striscie bianche che l’attraversavano tutta per il lungo. La guidava solo
lui, per ore ed ore, sempre al massimo, spolverando cigli e mezzerie,
tiranandosi avanti e indietro sul volante e seguendo col busto l’andamento
delle curve.
Con quell’auto partimmo un sabato mattina e con medie altissime ci portammo,
quasi al confine austriaco, alla partenza del sentiero. Sette ore di
camminata per arrivare al rifugio Cima Libera, e dopo una notte così così:
Cima dei Preti, Pan di Zucchero e poi ritorno al rifugio, e giù di nuovo all
‘auto e di volata a Carpi. Caricammo all’andata due belle autostoppiste, una
delle quali ti chiese:” Ma lei va sempre così forte?” E tu: “Adesso vado
piano perché ci siete voi!”

Allora non si parlava ancora di trekking, e dopo le prime alte vie delle
Dolomiti, gli unici percosi da rifugio a rifugio già preconfezionati, si
mise lui stesso ad ideare itinerari sempre più lughi e difficili, sulle
Alpi, che salivano tutte cime principali ed alla sera menavano a un bivacco
o ad un rifugio. In questo modo per una o due settimane ci immergevamo
totalmente nell’ambiente di alta quota, allora senza radio… telefoni..
notizie da e verso casa, con pochi soldi, ma col desiderio di restare il più
possibile lassù..

Una sera dopo 14 ore di marcia salimmo infine al bivacco sotto al Sorapiss.
Ero talmente stanco che faticavo a prender sonno. Ma lui non dava segni di
affaticamento e il giorno dopo facemmo di corsa il Sorapiss in salita e
discesa per portarci di nuovo la sera in non so quale rifugio.
Una sentenza, forse troppo poco soppesata, sparata con tanta disinvoltura
dai suoi accusatori che, più passa il tempo e più offende il buon senso di
qualsiasi socio di una associazione, lo allontanò per sempre dalla nostra
sezione e gli inferse una ferita che ha sanguinato fino alla fine.

Silverio non è più tornato in sede a Carpi, preferendo trovarsi con gli
amici al Cai di Modena, dove ha collaborato per diversi anni come istruttore
di alpinismo. Continuava ad uscire cogli amici fidati e i più forti
pedalatori delle sezioni a noi vicine.

Le nostre strade, come sempre avviene nelle grandi amicizie, dopo una decina
d’anni si sono divise. Silverio aveva ripreso in mano il vecchio violino
abbandonato in gioventù e divenne poi un formidabile, instancabile
organizzatore di concerti per la sua Camerata Padana, che si è esibita in
tutta Italia.

Ma quello che univa noi è sempre stata la montagna e il Cai, che non
abbiamo mai abbandonato. Negli ultimi tempi tutte le volte che lo incontravo
lo invitavo a venirci a trovare in sede. Lui ringraziava, ma fieramente non
è mai rientrato.

L’estate scorsa mi stupì ancora una volta dicendomi che in giornata aveva
fatto: Fanano-Cima Tauffi, tutto il crinale fino al Cimone e poi di nuovo
giù a piedi per il lago della Ninfa fino a Fanano. Ad occhio e croce 2000
metri di dislivello in salita e 1600 in discesa, per almeno 10 ore di
marcia!
Mi avviliva il fatto che lui, più vecchio, riuscisse ancora a giocare con
queste performance, ma allo stesso momento mi spronava a riprovarci.

Quante cantate Silverio abbiamo fatto in rifugio dietro un bicchiere di
vino!

Ti ricordi il gestore del rifugio a Pian dei Fiacconi che lasciava un
bicchierino pieno fra il bancone e la porta perché il tragitto per lui era
troppo lungo senza un sorso?

E quando Ivo, dopo un inteminabile giro fra la cima e poi intorno alla
Marmolada aveva preso una scottina tale che, complice la stanchezza, a
tavola doveva reggersi la testa con le mani, prendendosela fra i capelli
perché il resto era tutto strinato?

Se ci ripenso, Silverio, come più volte ci ho già pensato, io ti devo
molto; sei stato tu che mi hai insegnato ad andare in montagna, e la mia
impostazione, anche ora, dopo anni ed anni risente degli insegnamenti del
mio maestro originario. Amo ancora, più di tutto, le lunghe marce da rifugio
a rifugio, restare a lungo in quota senza tornare in valle, le grandi cime,
le arrampicate facili, ma lunghe e complesse, le montagne serie, gli
ambienti selvaggi, le amicizie sincere, le persone vere..come tu stesso
preferivi.

Ciao Silverio, grazie di cuore.

Paolo Cervigni